La Sindrome dell’Impostore e il mondo del lavoro: Quando un bugiardo fa carriera
Di Desirée Michetti
Nella mia esperienza clinica è spesso capitato che i
miei pazienti mi riferissero una condizione di estraneità, di disagio
nel loro contesto lavorativo, la sensazione di essere fuori luogo o di non
percepire delle reali competenze per il ruolo lavorativo che stavano
ricoprendo; alcuni di loro l’hanno addirittura già definita con il suo nome “la sindrome dell’impostore”. Molti di
loro ricoprivano inoltre un’ottima
posizione lavorativa, oppure cavalcavano un momento d’ascesa della loro carriera.
Ma soffermiamoci sulle reali caratteristiche di questa condizione che è appunto
spesso associata a contesti di lavoro.
Cos’è
la Sindrome dell’Impostore
Per
Sindrome dell’Impostore indichiamo una specifica condizione psicologica per cui
la persona dubita delle proprie
competenze, e non riesce a riconoscere i propri meriti. Spesso i successi personali vengono attribuiti in
maniera totalizzante a fattori esterni (come la fortuna, ad esempio).
Definita nel 1978 come un fenomeno, questa condizione non è affatto definibile
come un disturbo, ma si tratta piuttosto di una costellazione di pensieri de-valutanti che inevitabilmente hanno
conseguenze sulla propria autostima, sul rapporto con i propri colleghi,
superiori e sulla qualità del proprio operato.
Caratteristiche
di una persona che soffre della Sindrome dell’Impostore
Avendola
definita come una costellazione di pensieri e comportamenti, possiamo riportare
qui le caratteristiche salienti, le quali hanno a che fare con autostima, immagine di sé e degli altri.
- sensazione di non meritare la propria
posizione lavorativa, e quindi riconoscimenti, promozioni, avanzamenti di
carriera.
Si declinano i complimenti, non si dà peso agli elogi. Ogni frutto del proprio
lavoro sembra sopravvalutato dagli altri, o comunque la diretta conseguenza di
un fattore esterno (e non delle proprie capacità), generando spesso una
sensazione di colpa. Si smette di
essere ambiziosi e competitivi. Non si cercano o richiedono le circostanze per
un avanzamento di carriera.
- sensazione di ingannare gli altri,
con la conseguente paura di essere
smascherati.
Si temono la valutazione e il giudizio, e quindi non ci si espone con
i colleghi, e ancor di meno con i superiori. Si ha paura a porre domande o
questioni, oppure a criticare l’operato degli altri anche con evidenti errori.
A volte ci si esclude dalle situazioni sociali con i colleghi. Queste manovre
di evitamento hanno tutte
l’obiettivo di non mostrare la propria inferiorità e incapacità (percepita) e
non risultare degli stupidi (così come ci sentiamo).
-intransigenza verso se stessi e perfezionismo.
Il lavoro diventa il fulcro della vita.
Si lotta quotidianamente contro la svalutazione di sé stessi aumentando il
carico di lavoro, il tempo diretto ad esso, alzando gli standard, e il tutto
anche se non richiesto. Si rimugina sui
propri errori o comportamenti, a volte attraverso un pensiero ruminante e ossessivo.
Spesso non si riesce a bilanciare il lavoro con la vita quotidiana, e finiscono
per risentirne le relazioni e gli interessi personali.
-idealizzazione degli altri
(svalutazione di se stessi).
Rispetto all’immagine di sé stessi, si vedono gli altri in maniera
demetrialmente opposta. C’è un continuo confronto con i colleghi dei quali si
sovrastima l’operato, risultando sempre superiore.
Sindrome
dell’Impostore: le possibili cause
Il
ruolo relazionale in questo
meccanismo è indiscusso: si ritiene che gli altri non abbiano grandi
aspettative nei nostri confronti, e questo finisce per assecondare l’esperienza
di noi stessi, ovvero “noi non possiamo avere successo”. Ogni qualvolta
l’esperienza ci mostra il contrario, questa deve essere necessariamente il
frutto di un caso, di un errore, di cieca fortuna.
L’origine di questo pensiero è spesso rintracciabile nell’ambiente familiare. Difatti nella storia familiare degli “impostori”
sono spesso rintracciabili genitori
ipercritici e tendenti al controllo,
confronto competitivo con i fratelli,
alta conflittualità, difficoltà di confronto e supporto e incapacità ad esprimere le proprie emozioni.
Sindrome
dell’Impostore: rimedi
Riconoscere
il ruolo relazionale di questa condizione significa avvicinarsi verso la sua
soluzione. Deve essere chiaro che la storia di ognuno di noi è differente e
presenta peculiarità che fanno la differenza nella costruzione di un intervento individuale.
Innanzitutto riconoscere di essere
protagonisti di questa condizione significa fare un passo avanti per infrangere questa credenza erronea. Successivamente
è utile tenere a mente delle strategie per
modificare il pensiero o perlomeno
portarlo a giudizio. Ad esempio restituire
a sé stessi una valutazione oggettiva: nel momento in cui si ritiene che
sia in atto una svalutazione, cercare un
parere obiettivo, il partner o un amico fidato, per esaminare ciò a cui si
sta pensando. Oppure mettere per
iscritto tutti i propri successi, complimenti, conquiste, al fine di
rileggerli e renderli più aderenti alle proprie capacità. Altrettanto utile può
essere scoprire ed entrare in contatto
con persone che vivono la stessa condizione, scambiare opinioni,
sensazioni, sentirsi parte di una realtà che può essere scardinata.
Spesso però questa condizione può accompagnare altri tipi di manifestazioni
cliniche come ansia, umore depresso, difficoltà relazionali o
rotture più gravi nell’autostima. In ogni caso si consiglia di rivolgersi ad
uno psicologo che potrà indirizzare la persona verso il percorso più idoneo e
personalizzato di terapia individuale
o di gruppo.